ADRIANO CELENTANO VALE
QUANTO JENNIFER LOPEZ, FIORELLA MANNOIA COME GLI U2, I Beatles quanto Lenny Kravitz. Almeno stando ai prezzi di copertina dei loro compact disc, tutti presenti fra i più venduti di queste settimane. La differenza frai diversi artisti, generi musicali e produttori, nei dischi da alta classifica è infatti compressa in poco più di 2 mila lire: dalle 37.500 lire dei più economici alle 39.900 lire di quelli cari. Un De Chirico può essere su tela come un Picasso, ma il suo valore è diverso. Nella musica cè puzza di monopolio. di cartelli per difendere la posizione dominante delle major. Contro le quali si sono scatenati i siti Internet, come Napster, che permettono di scaricare musica gratis dal Web, ma anche le Autorità antitrust. Negli Stati Uniti, nellUnione europea, in Italia. Lesistenza di intese di cartello per mantenere elevati i prezzi è più di un sospetto. Anzi, per la Federal Trade Commission (Ftc), lagenzia federale Usa che regola i commerci, è una certezza. La Ftc ha calcolato in 500 milioni di dollari il costo aggiuntivo sostenutodai consumatori fra il 1997 e il 2000 a causa di un accordo stretto dalle cinque major che controllano l85 per cento del mercato discografico americano e mondiale. Sul banco degli imputati Emi, Time Warner, Sony, Bertelsmann e Universal. Nei primi anni Novanta, negli Stati Uniti i prezzi erano crollati, grazie soprattutto alle catene hard discount: a fronte di una media per cd di 14 dollari, i supermercati della musica di una catena come Circuit City vendevano le nuove uscite a 8,95 dollari. Le major sottoscrissero un accordo in base al quale i negozi tenevano alti i prezzi, in cambio di fondi per la pubblicità. I prezzi tornarono a salire, arrivando a sfiorare in media i 17 dollari. Lindagine della Ftc si è chiusa con una mediazione, limpegno delle case discografiche a sospendere queste pratiche per sette anni, mentre una coalizione formata da 28 Stati americani ha dato il via a una causa legale chiedendo danni per milioni di dollari. I consumatori, intanto, hanno già ottenuto una vittoria parziale, almeno a giudicare dai prezzi dei cd delle due reginette del pop: J.Lo, ultimo album di Jennifer Lopez, viene venduto a 13,28 dollari, Oops! I did it again di Britney Spears a 14,99 dollari. |
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PRIMA ANCORA DELLA FTC AMERICANA,
si era mosso lAntitrust italiano. Nel 97, lAutorità,
allora presieduta da Giuliano Amato, aveva accusato le major
di falsare la concorrenza e aveva inflitto loro multe per un totale di
7,6 miliardi, confermate nel novembre scorso dal Consiglio di Stato. Forse,
proprio il caso italiano ha contribuito a sollecitare lattenzione
del commissario europeo Mario Monti, che a sua volta indaga per scoprire
eventuali accordi sui prezzi. Anche se si muove su un terreno impervio,
con le major ormai allertate, Monti ha il tempo dalla propria parte, dato
che non ha una scadenza. La speranza èche unindagine europea
producaeffetti più tangibili di quelli visti in Italia. Le
multe dellAntitrust non hanno infatti inciso sui prezzi, a dispetto
del tentativo di alcuni artisti, come i rapper napoletani 99 Posse, di
lanciare i cd più a buon mercato. Gli operatori accusano le major
di non aver cambiato la sostanza delle pratiche incriminate. Nel 97,
lAntitrust aveva puntato il dito su diversi fattori: lo stesso prezzo
(20 mila lire) praticato ai rivenditon per tutte le hit, il contributo
fisso per la promozione (3 mila lire), chiamato tickettv, e quello
del 6 per cento per il trasporto. Oggi ai rivenditori i cd da classifica costano fra le 26 mila e le 28 mila lire. «Le case non espongono più separatamente il ticket tv, ma lo hanno incorporato nel prezzo praticato al negoziante», sostiene Arnaldo Albini Colombo, presidente di Vendomusica, lassociazione di rivenditori che aveva dato il via allindagine Antitrust. Anche il contributo per il trasporto non è scomparso, ma è stato limato dal 6 al 4 per cento dalla sola Universai e al 5 dalla Warner. «La reale incidenza del costo di trasporto è di circa il 2 per cento»> aggiunge Albini, preoccupato dai forti sconti che le grandi catene di negozi praticano a proprie spese su album di grande richiamo: «Se trovo cd di fascia alta sottocosto, significa che altri prodotti vengono venduti a prezzi superiori». |
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Dieci, cento, mille Napster CASE DISCOGRAFICHE ALLATTACCO. MA LHACKER É IMPRENDIBILE C'è ancora vita per la musica gratis su Internet.
La condanna di Napster da parte della Corte dappello di San Francisco,
che ha stabilito la violazione el copyright e lillegalità
della condivisione gratuita di file musicali, ha disorientato i 57 milioni
di frequentatori del sito. I più pronti si sono però organizzati
per trovare alternative, soprattutto dopo che Shawn Fanning, il 21enne
inventore di Napster, si è accordato con Bertelsmann per distribuire
musica a pagamento. Sprofondando tra le scartoffie degli avvocati la
magia del sito e della musica libera per tutti. Per gli
hacker nostrani la ricerca di nuove frontiere inizia ancora con un tributo
a Napster: «È nato come motore di ricerca per condividere
file tra amici. Poi è diventato un gigantesco strumento di comunità»,
racconta un hacker romano, nome di battaglia Ranieri, da una vita contro
il copyright. Dallevocazione alla realtà, il risveglio
é brusco: Stefano Pistolini |
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QUELLA DEI
PREZZI É SOLO UNA DELLE barricate che le major hanno alzato
in difesa del loro oligopolio. Le altre riguardano Internet, dove le
major hanno tentato di disinnescare situazioni esplosive come Napster,
entrata nellorbita del gruppo tedesco Bertelsmann, o Mp3.com,
società californiana di musica online nel cui capitale è
entrata la Universal. Inoltre hanno lavorato per dare il volto definitivo
alla direttiva europea che rafforza la difesa del copyright sul Web.
Alcuni ritengono però che tutti questi sforzi non basteranno,
e che la facilità di trasferire file musicali renda dirompenti
gli effetti della rivoluzione. «Il controllo del vecchio mercato
era più semplice, mentre oggi i giovani non comprano più
dischi e il grosso della musica sfugge alle major», sostiene Marco
Conforti, titolare della Casi Umani, società che rappresenta
le etichette di artisti come Elio e le Storie Tese, Neffa e i Sottotono.
«A sfide come Napster; le case discografiche hanno risposto alla
vecchia maniera, cioè comprandosele, ma ormai la difesa dei produttori
non passa più per la protezione esclusiva del copyright»,
continua il manager. Non vuole essere unode al pirataggio, ma
unanalisi economica attenta al diverso ruolo dei cantanti:
«Cinque anni fa, 1130 per cento dei proventi di un artista arrivava dai dischi, mentre oggi siamo scesi al 10 per cento», spiega Conforti. I nuovi mezzi hanno cambiato il modo di fare e ascoltare musica, sempre più autoprodotta via computer da chi una volta si limitava ad ascoltarla, nonché facilmente trasferibile via Web, con sistemi sempre nuovi capaci di eludere ogni controllo. Le major sono avvertite, e il palazzo della musica tenterà di soffocare le novità. Ma nei suoi sottoscala cova la rivolta. ha collaborato Patrick Di Maio
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