Vorrei soffermarmi un po' su una faccenda della quale si parla
molto, ma che al legislatore italiano - per quanto se ne discorra - non provoca
la minima crisi di identità. Mi riferisco a quelle problematiche giuridiche
che sorgono dalle attuali possibilità di accedere ai dati in rete.
Più esattamente è bene dire che sorgono dall'attuale situazione
informatica di mercato che permette a chiunque di comprare un modem e un computer
a due lire e con questi immettersi nella rete mondiale e bazzicare a piacimento.
Com'è ovvio, nella collettività informatica esistono individui
dotati del senso morale necessario ad un corretto comportamento e altri che
- al contrario - ne sono privi. Si verificano quindi frequentemente attività
illegali che hanno ad oggetto i dati (tutto ciò sia detto senza entrare
nel merito di quali siano i dati protetti dal diritto alla segretezza, quali
lo dovrebbero essere e quali invece non lo sono).
+ singolare notare che la nostra nazione soffre in questo caso del medesimo
provincialismo che di solito la caratterizza là ove si tratti di venire
a contatto con innovazioni non autoctone. + noto, ad esempio, che nel campo
musicale non siamo altro che una colonia anglossassone (UK e USA); così
come per quella musica possiamo dire altrettanto di altre situazioni ivi inclusa
quella informatica. Non ci sarebbe niente di strano se il nostro provincialismo
venisse esaltato nella fase di legislazione in merito alla prevenzione di
certi fenomeni di hackeraggio. Anzi va detto che quanto a questo il Parlamento
italiano ha superato se stesso. La nostra legislazione è indietro in
questo campo di almeno una decina d'anni e siamo ancora fermi al pirataggio
del software (ma anche questa legge peraltro non soddisfa affatto le condizioni
richieste per una seria affermazione del diritto di proprietà sul software).
Se confrontiamo le misure prese dal nostro legislatore nel campo dei reati
informatici con quelle del governo statunitense ci viene da sorridere. A questo
proposito (della legislazione statunitense, non del confronto) è interessante
leggere il contributo di Bruce Sterling sull'Hacker Crackdown pubblicato dalla
Shake Edizioni che - per inciso - è la casa editrice dell'unico gruppo
di interessati a queste problematiche esistente in Italia.
Quello che invece risulta particolarmente sorprendente è che - nonostante
la scarsa efficienza dei controlli predisposti dallo Stato e l'altrettanto
scarso interesse al problema dei soggetti maggiormente colpiti da eventuali
reati informatici (imprese, banche, assicurazioni, compagnia dei telefoni)
- in Italia non si sia sviluppato affatto il crimine informatico. Mettiamo
bene in chiaro - a scanso di sgradevoli equivoci che potrebbero sorgere in
merito alla legalità delle opinioni espresse in questa sede - che qui
non si vuole invitare nessuno a commettere crimini informatici in specie e
nessuno in generale. Risulta però quanto meno strano che là
dove si rivelerebbe più semplice che altrove e segnatamente in un paese
dove la tradizione è quella di inventare sempre nuove maniere di truffare
qualcuno, nessuno si sia dato la briga di farlo. A maggior ragione se si parla
di una nazione che non va certo famosa per il suo rispetto delle istituzioni
(termine da intendersi in modo quanto mai ampio, ricomprendendovi anche le
multinazionali e le grandi imprese statali).
Cosa dobbiamo dedurre da quanto sinora esposto? Escluderei tranquillamente
che i nostri compatrioti non habbiano le capacità per darsi a certi
tipi di attività. Direi, anzi, che a regola ci si sarebbe dovuti attendere
una massa impressionante di ragazzini attaccati al computer dalla mattina
alla sera nel tentativo di accedere a qualche conto bancario o alla centralina
telefonica più vicina allo scopo di usufruire gratuitamente della possibilità
di telefonare in Australia per ore gratis.
Un'ipotesi che mi sentirei di proporre è questa: nel codice genetico
manca senz'altro quell'aspetto maniacale caratteristico ad esempio degli statunitensi
che, al contrario, quando esce qualche novità (come quella dei modem
e dei computer) si mettono subito all'opera per sviscerarne tutte le possibilità
tanto legali che illegali.
L'altro motivo lo individuerei nel provincialismo cui facevo cenno nei prodromi
di questo intervento: importiamo le mode e le manie estere senza il minimo
spirito critico, ma al tempo stesso "settati" in modo da non riuscire
mai ad uscire da una blanda emulazione degli altri.
+ successo (e continua a succedere) per la musica (il punk esplode e in Italia
tutti divengono punk, ma mediocri, a parte le eccezioni), succede per la politica
(guardate quanti modelli hanno davanti i nostri politici e come, in ogni caso,
non riusciamo a far tesoro di nessuna delle esperienze straniere se non per
fare danno), succede altresì per l'informatica e le comunicazioni,
come abbiamo appena finito di dire.
Silvius
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