Londra è un immenso minestrone dove si può trovare
di tutto, basta saper guardare e non accontentarsi. Ho scoperto di essere
profondamente italiano a Londra, dove sono stato per alcuni mesi a lavorare;
lo dico senza nessun tipo di polemica, e, anche se allinizio della mia
esperienza inglese mi sentivo un pesce fuor dacqua di fronte a tanta
apertura e criticavo aspramente i miei connazionali in vacanza là,
per il modo di fare tipico delle nostre parti (arroganza, spacconeria e via
dicendo), adesso, col senno di poi, sono diventato un po più
obbiettivo e riesco a vedere cosa funziona da noi, cosa non funziona e cosa
proprio ci manca. Tutto questo lo sto capendo a mie spese, visto che la mia
fidanzata è inglese e che spesso faccio una fatica sovrumana per spiegarle
il nostro modo di vivere, che per noi è così semplice, per loro
è terribilmente incasinato!
Faccio un esempio: da lavoratore, anche se straniero, il mio Council mi dava
la possibilità di accedere ad alcuni servizi, che pagavo in base al
mio reddito. Si tratta di servizi molto semplici ed efficienti, che, secondo
me, hanno come scopo nascosto quello bellissimo di far sentire il singolo
parte di un insieme che funziona e che può in ogni momento controllare.
Il Council (il corrispettivo del nostro Comune) gestisce tutto quanto cè
di pubblico nel quartiere, dalle palestre ai centri sociali, dagli ostelli
ai clubs e infine le librerie. Dico infine le librerie perché è
proprio qui dove voglio arrivare: la libreria è un luogo incredibile
di rapporti sociali, là si può studiare (anche a gruppi in apposite
sale), navigare su internet, disegnare, lavorare, guardare i films in cassetta
nella videoteca, leggere il giornale sorseggiando un caffè nellemeroteca
e ascoltare musica. Si, avete capito bene, ascoltare musica, normalmente,
e se il CD che ascolti è di tuo gradimento lo puoi portare a casa pagando
60p., 1300 Lire circa.
Voi direte, ma dove sta la differenza con quello che avviene nel nostro Circolo?
Semplice, là è lo Stato che finanzia, invoglia e incoraggia
questo movimento, e sono ormai quasi 20 anni che un disco è considerato
alla stregua di un libro o di un film in cassetta. Per i ragazzi di Londra
è normale andare in biblioteca per prendere un libro e prendere anche
un CD da ascoltare la sera al party con gli amici. Tutto questo non rovina
nessuno, perché, come spesso ho potuto notare dovunque, i giovani che
amano la musica comprano pochissimi CD a causa del loro alto costo. Tutto
potrebbe essere organizzato in maniera più intelligente, credo, e senza
inutili isterismi, perché comunque aumenta il giro delle persone che
ascoltano un disco, è più alta la probabilità che un
maggior numero di persone lo acquisti, senza contare che chi noleggia un CD,
dal punto di vista schifosamente numerico, paga i suoi 60p. che moltiplicati
per tutti quelli coloro che sfruttano tale servizio fanno sempre una somma
interessante che lo Stato utilizza in percentuali per aiutare chi ha bisogno,
per pagare i diritti di autore, per acquistare nuovo materiale...
Non ci resta che riflettere su questo, perché è interessante
vedere come la società riesca a rispondere in maniera più o
meno buona alle richieste della gente e come questa risposta sia tanto più
vicina alla gente quanto chi pensa le regole è più equilibrato.
Quello che per loro oggi è digerito, normale, per noi è ancora
una specie di Tabù!
Andrea Siveri
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